L’Arco di Trionfo di Massimiliano I, uno dei più impressionanti tra monumenti simbolici del ’500, ancor oggi risulta particolarmente affascinante per i livelli di significato e le interconnessioni che riesce ad instaurare con l’osservatore. Se da un lato l’opera si presenta come un monumento classico, un arco trionfale a tre fornici della più antica tradizione imperiale romana, dall’altro lato è realizzata in un materiale, la carta, che è ben lontana dalla solennità dei marmi preziosi di cui si fregiavano le architetture classiche. La sua struttura richiama le costruzioni degli apparati effimeri, con cui, al passaggio di re o per matrimoni e funerali trasformavano città e palazzi in luoghi mitici e fuori dal tempo, ma i 192 blocchi xilografici che, collegati insieme, costituiscono il monumento, condividono gli spazi di fruizione del mondo librario e della stampa: riproducibile in più copie, facilmente trasportabile, leggero e riducibile alle dimensioni di un codice, l’Arco può essere visto come una sorta di esperimento tipografico di grande originalità. Con il libro condivide l’importanza del testo scritto ed è un’opera da osservare e da leggere. Lungo e dettagliato è infatti il testo della Clavis, composto da Johannes Stabius, rielaborando un’idea di Jörg Kölderer, che scorre fitta alla base dell’opera, e importanti sono i testi e le iscrizioni distribuiti nei punti essenziali delle architetture e delle decorazioni, per offrire una chiave di lettura privilegiata dei messaggi dell’opera.